Le
dita di Fabio scivolavano veloci sulla tastiera. Ogni tanto uno
sguardo veloce ai monitor di fronte a lui. Codici, stringhe di
programmazione, password, codici sorgente. Una vita tra codici
risolti, progetti sottratti, formule rivelate, corrispondenza rubata.
Tante identità, frammenti di vita, solitudine latente. Nessuno lo
conosceva davvero e, forse, neanche lui stesso.
Nessuna
famiglia, mai affetti stabili, mai legami. Solo caratteri
alfanumerici e codici da spezzare,
sistemi da violare.
In
quei minuti doveva salvare dati importanti in uno dei suoi server
disseminati nel pianeta. Della sua vita, invece, rimaneva ben poco da
salvare, persa com'era tra i byte che abilmente trasferiva. Al
termine della procedura si sarebbe sganciato da tutto e tutti. Sempre
in fuga.
Quella
sera si sentiva strano. Avvertiva una remota sensazione.
Lo
scaricamento dei dati era al 95%. Bussarono alla porta. Si voltò di
scatto verso il monitor della telecamera sistemata all'ingresso,
sulla strada. Non vedeva nulla. Solo nebbia. Accelerò
le sue dita sulla tastiera seguendo un ritmo convulso. Ad un tratto
sentì
chiara una voce -
“Papà! Papà sono io!” proveniva
da fuori, oltre
la porta - “Apri!” Quella sensazione si fece ghiaccio e si
impadronì di Fabio.
“Sono
Giulia, apri!” disse ancora la voce.
“Giulia?”
esclamò l'hacker. “Porca putt-” Ci
fu un'esplosione.
La
ragazza era Giulia,
la figlia che non vedeva da 10 anni. Più tardi, dopo l'irruzione,
durante il trasferimento in Commissariato, lei stessa ebbe modo di
raccontargli cosa era successo, come era diventata Ispettore della
Polizia
Federale e in che modo la sua squadra speciale Anticrimini
Informatici, lo avesse scovato dopo anni di indagini.
Fabio
venne catturato ma, per la prima volta dopo tutti quegli anni, si
sentiva felice.
Adesso
lo trovate al parco dove conduce il doppio passeggino dei gemellini
di Giulia.
Di
tecnologia e internet non ne vuole sapere più.
Un racconto molto carino, sebbene io non ami le storie brevi. So che la sintesi è un dono importante, ma ho sempre l'impressione che i brani siano "mutilati". Un ottimo esercizio (per me o per chiunque) potrebbe essere utilizzare un racconto breve come questo per costruirvi sopra una storia più complessa :)
RispondiEliminaP.S. Grazie per aver aggiunto il mio blog ai tuoi follow
RispondiEliminaGrazie a te Chiara! E il grazie è doppio perché commenti per prima. Ti vedrò come la prima cosa che vede il pulcino quando sbuca dall'uovo: se hai da consigliare, correggere, bacchettare, hai carta bianca. Attualmente considero i racconti corti come una palestra (ne ho bisogno perché ho iniziato di recente). Effettivamente sul primo racconto (Lia) avevo pensato anche allo sviluppo della storia. Grazie ancora.
RispondiEliminaEffettivamente iniziare da storie brevi può essere un ottimo allenamento per acquisire un metodo. Di solito, il consiglio è quello di cominciare con racconti di cinque o sei cartelle, perchè lasciano lo spazio per sviluppare una storia secondo gli atti "classici" (inizio, sviluppo, conclusione). Se hai tempo e voglia puoi provare :)
EliminaSicuro! Ho già una storia sulla quale sto lavorando. Grazie Chiara.
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